Sussurro di vento leggero
La relazione, per rimanere tale, deve custodire la libertà del divenire, altrimenti diverrebbe un legaccio mortifero definito dalla logica del calcolo e del possesso privo di respiro.
I legami, dunque, portano ad esporsi compromettendosi per e con l’altro, ciò comporta il rischio del cambiamento e del lasciarsi condurre oltre le previsioni.
Il riconoscersi perennemente in transito, è da precisare, non fa riferimento alla fluidità propria del sentire contemporaneo che consegna i rapporti umani alla occasionalità del momento frammentando gli individui, piuttosto indica la leggerezza del viandante che abbisogna di mantenere lo sguardo verso l’orizzonte per tenere il ritmo del cammino.
Simile movimento permette di uscire da se stessi e, così, decentrarsi per rimanere in ascolto. È la postura del credente in Cristo che trova nel Maestro la via da percorrere per arrivare alla meta.
Questa domenica la pagina del primo libro dei Re (19, 11ss) ci mostra come Elia uscito dalla caverna riconosce la presenza di Dio nel “sussurro di una brezza leggera”. Il profeta non si lascia ingannare dal fragore del terremoto, del fuoco o del vento impetuoso, il suo interesse rimane rivolto alla voce del Signore di cui conosce le modalità prive di apparenza ma tenute da un filo che, seppure esile, si mantiene saldo oltre ogni intemperia.
Per ascoltare, dunque, è necessario esporsi e mettersi in cammino, abbandonare le tane difensive fidandosi della promessa di Dio. È l’invito che Gesù rivolge ai discepoli (Mt 14, 22 – 33) indicando di lasciare il contesto del plauso dove ancora era viva la risonanza della condivisione dei pani e dei pesci, per imbarcarsi e, così, raggiungere l’altra riva.
I discepoli forti della loro esperienza di abili pescatori rispondono affrontando il clima avverso della notte nel mare di Tiberiade. Conoscono l’imprevedibilità dei venti ma non esitano e nel mezzo della lotta vengono disorientati dall’approssimarsi del Maestro il quale è colto come un “fantasma”.
Destabilizza un Dio che governa il mare, simbolo del male, secondo la logica della condivisione e non della potenza, un Dio che non esita ad avvicinarsi ai poveri rifuggendo i banchetti dei potenti, un Dio che si rivela fragile per amore dei suoi, un Dio che è Padre e attende la risposta dei figli.
Seppure Pietro riprenda il cammino lanciandosi verso il Maestro non appena volge lo sguardo verso l’intemperia ecco che smarrito affonda. Custodire la relazione con il Cielo, dunque, è l’unico modo per non lasciarsi travolgere dalle intemperie della storia.
È la custodia che ci ha permesso di attraversare, nei giorni appena trascorsi, la terra siriana dove in mezzo alle città sfigurate dalla guerra, dal terremoto e, oggi, dall’embargo, la fede nel Signore rimane viva nonostante la prova. Nel mezzo di tanta precarietà si ergeva la preghiera dei piccoli, di coloro che continuano a volgere lo sguardo al Signore aldilà delle brutture di cui è capace il genere umano.
Nel monastero di Mar Musa, là dove padre Paolo Dall’Oglio fin dagli anni ottanta ha condiviso un’intensa esperienza di dialogo ed amicizia tra il mondo cristiano e quello musulmano, ancora oggi si continua a pregare e condividere credendo in un mondo differente, capace di comunione malgrado l’evidenzia del male. Guardando l’orizzonte che, attraversando il deserto, arriva alla catena montuosa dell’Anti-Libano ho colto come il Cielo continua a donarci l’occasione di un giorno nuovo attendendo che la fede prenda forma attraverso relazioni di pace.
La Parola che meditiamo oggi denuncia, dunque, l’ingiustizia di cui ci rendiamo complici attraverso l’indifferenza e la ricerca di un quietismo locale per vivere indisturbati. Ad esempio l’embargo nei confronti della Siria che l’Unione Europea ha sancito per contrastare la violenta repressione che il regime aveva esercitato nei confronti della popolazione civile del paese, di fatto, sta portando allo sfinimento dei siriani amplificando i livelli di povertà fino alla disperazione più grande. Gli Stati Uniti, come se non bastasse, continuano a rincarare la dose con il Caesar Act penalizzando tutte le società straniere che intessono rapporti commerciali con la Siria. Un piano di sanzioni che, stremando la popolazione, può ingenerare gravi disordini penalizzando sempre più una società che, diversamente, anela a risorgere dalle macerie.
Abbiamo ascoltato i giovani del luogo i quali hanno ribadito come la guerra, almeno, non aveva tolto loro la speranza perché avevano continuato a resistere, ma l’embargo è come se volesse spegnere ogni tentativo di ripresa e di attivazione di vita buona, ancora più distruttivo della guerra stessa.
Nel viaggio della vita, allora, siamo chiamati a lasciarci interpellare e a rispondere decidendo per quale causa desideriamo davvero spenderci rimanendo in ascolto del sussurro di vento leggero.