Siamo Ricordo di Dio
Il nostro cammino quotidiano abbisogna di luce per vedere avanti e riconoscere il percorso fatto. Custodiamo la luce quando abbiamo memoria delle esperienze e ne traiamo insegnamento diventando capaci di legami e di relazioni nutrite dall’amore.
L’individualismo contemporaneo è buio perché manca di memoria grata e, piuttosto, nutre rancore vedendo nell’altro un mezzo per l’autorealizzazione o un ostacolo ad essa. L’essere umano, così forgiato, non ha da ringraziare e, diversamente, cerca di depredare il “qui e ora” a cui attribuisce il potere di saziare la propria brama di appagamento.
Il primo sintomo di questo atteggiamento è la chiusura dinanzi alla richiesta di ospitalità: la diversità è negata e in nome del diritto alla vita si vota alla eliminazione il più fragile così come accade nel caso dell’espulsione dello straniero, dell’aborto o del suicidio assistito.
L’ideologia che respiriamo vorrebbe farci credere che prima di tutto siamo individui con la nostra libertà e capacità di autoderminarci e solo successivamente ci apriamo alle relazioni scegliendo quelle più opportune. È il modello d’emancipazione che vorrebbe raccontare la maturità in termini d’indipendenza da tutti e da tutto ma, in realtà, solo una sana interdipendenza permette di essere veramente autonomi e liberi di esprimere la propria personalità.
La continua escalation di comportamenti reattivi porta il sapore di questo equivoco. Pretendere di bastare a se stessi, infatti, fa assumere una postura arrogante di fronte agli altri, densa di aggressività e di poca compassione ed è per questo che abbiamo perso il senso dell’accoglienza e della gratuità che ci renderebbe felici insieme agli altri.
Il corpo, eppure, ci ricorda che qualcuno ha fatto spazio dentro di sé per ospitarci dal concepimento alla nascita ed è da quest’intima relazione che veniamo. Abolire questa memoria porta alla nevrosi collettiva che sta attraversando il mondo occidentale in cui anche la differenza tra il maschile e il femminile viene rimossa assumendo a principio superiore la neutralità.
Abolita la memoria dell’altro, di fatto, rimane il vuoto, abolita la differenza rimane la noia esistenziale e abolito il limite personale si spegne l’apertura al mistero e la ricerca di Dio.
La Parola di questi ultimi giorni di Avvento ci rivela che noi siamo ricordo di Dio, cioè gli siamo cari e proprio per questo esistiamo. Ciascuno è testimonianza di quello che Lui opera ma abbiamo bisogno della chiave di lettura necessaria ad interpretare il senso della storia, altrimenti rimarremmo in balìa degli eventi e, di conseguenza, passivi di fronte al viaggio della vita.
Maria ed Elisabetta sono due donne che fanno esperienza della presenza di Dio in modo singolare: l’una vergine e l’altra sterile concepiscono un figlio. In entrambe la Parola trova risonanza interiore e, seppure incomprensibile nell’immediato, dona la capacità generativa.
La maternità, oggi, è un tema strumentalizzato a seconda degli interessi di turno eppure è un’esperienza del tutto naturale che appartiene al dono della vita. Questo non si riferisce soltanto alla capacità biologica del concepire figli ma all’attitudine di consumarsi per amore gratuito.
Maria dopo avere accolto il dono del Cielo “si alzò” per mettersi subito in cammino. Il primo ad essere rigenerato è chi accoglie la Parola, accogliere implica il compromettersi e, dunque, lasciarsi condurre. L’incontro con il Cielo richiede il fuoriuscire dalla logica autoreferenziale per lasciarsi guidare dall’ascolto di Dio.
L’angelo aveva fatto riferimento ad Elisabetta e, dunque, Maria “subito” si recò da lei assumendo l’indicazione ricevuta quale priorità da anteporre ad ogni altro impegno. Non si tratta della frenesia di chi ansiosamente vuole realizzare i propri progetti ma dell’urgenza di chi pone l’essenziale al centro e questo è sempre al di fuori di se stessi.
Il senso della nostra esistenza sta sempre oltre e, pertanto, è necessario condividere quanto si è ricevuto per scoprirlo. Maria è riconosciuta dal saluto ed anche il bimbo che Elisabetta ha nel grembo esulta all’udirla. Lei che era stata salutata dall’angelo ora condivide il dono ricevuto, la benedizione che ha accolto diventa benedizione per quanti ora l’accolgono, è l’esperienza della fede che si traduce nel portare e donare il dono ricevuto.
Entrambe sanno che l’esperienza che vivono è opera gratuita di Dio e loro diventano generative perché si sono affidate credendo nell’impossibilità di Dio.
Impariamo da queste due donne che senza una memoria grata non daremmo possibilità all’inedito di Dio nella nostra vita. Loro rimangono accoglienti malgrado i limiti della storia, sanno che la regia è del Cielo e che ciascuno ne diventa protagonista nella misura in cui non si ferma all’ovvio calcolabile.
Le due donne sono felici, sanno che Dio guarda oltre le apparenze perché così le ha visitate e, dunque, possono gioire per i loro rispettivi figli perché il Cielo li custodirà, sanno che loro sono desiderio di Dio.