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Palestra Popolare Padre Pino Puglisi
Consultorio familiare, Educativa di strada, Palermo, Psicologia della Religione, Ricerca di Dio

Scegliere di compromettersi

A Danisinni abbiamo appena inaugurato la palestra di pugilato intitolata a Padre Pino Puglisi. È un modo ulteriore per incontrare l’umanità che sta per strada spesso immersa nelle vicende travagliate del nostro tempo. Un modo per approssimarsi e fare emergere quella bellezza nascosta a cui, frequentemente, non si presta ascolto.

Desiderare il cambiamento non basta, è necessario compromettersi sporcandosi le mani ogni giorno. Non c’è trasformazione senza quotidianità e non può esserci crescita personale e comunitaria priva di un vero cammino di popolo.

Questo vale per le trasformazioni sociali ma anche per l’interiorità personale. Siamo troppo abituati, secondo mode radical chic, a fare anche dell’esperienza religiosa una sorta di quietismo per trovare la pace interiore e così sentirsi finalmente appagati aldilà del caos che ci circonda. Lo stesso vale per molti interventi sociali volti più alla propaganda che al vero sviluppo dei territori.

Simili forme di autocelebrazione servono solo a giustificare la propria indifferenza ma la storia abbisogna di ben altro e questo interpella tutti noi.

Il cristianesimo è un costante richiamo alla responsabilità e non in termini volontaristici come se l’impegno del credente fosse uno sforzo individuale ma, piuttosto, si tratta di ripartire dalla prossimità di Dio e dal suo compromettersi per il bene dell’umanità.

Dall’Incarnazione in poi non è più ammissibile, infatti, alcun dualismo tra il Cielo e la terra intesi come ambiti del tutto distinti. Da allora Dio si è compromesso nella vicenda umana in modo inedito e dalla nascita di Gesù nessuna persona può elevare lo sguardo verso l’alto dimenticandosi di chi gli sta accanto.

Il prologo del Vangelo di Giovanni che meditiamo oggi ci rimanda alla relazione divina che si apre ad ogni essere umano: “In principio era il Verbo” ossia la Parola che si fa sogno, compimento, nella carne umana di Gesù.

Il creato che porta l’impronta del Creatore, ora, può riconoscersi rispecchiandosi nel volto del Figlio di Dio. Solo a pensarci questa intima interazione è straordinaria perché dice della vera essenza di ogni essere umano e di quanto malessere  e solitudine sperimenti chi misconosce questo aspetto identitario. Ciascuno, altrimenti, cercherebbe un volto per trovarsi rimanendo puntualmente deluso perché solo lo sguardo misericordioso del Padre può appagare tale desiderio. È questa la rivelazione che Gesù fa di sé: mostra quanto è amato dal Padre e, proprio per questo, donato per restituire vita ad ogni figlio.

L’amore, dunque, non viene descritto in modo possessivo ed escludente ma inclusivo di quanti sono bisognosi di scoprire la propria identità. Figli di Dio si “diventa” perché l’amore va accolto senza forzature ed è un lasciarsi generare dalla Sua vita.

Giovanni è testimone di questa esperienza rigenerativa che lo rende cassa di risonanza della parola del Cielo. Le parole rivelano quello che si porta nel cuore e lui fin dal grembo materno ha accolto la visita del Maestro. La via spirituale è prima di tutto intuitiva e pertanto è necessario porgersi con la fiducia dei bambini i quali sanno che un altro li condurrà.

Il cammino di conversione, ripete Giovanni, abbisogna del deserto e cioè di perdere tutte le sovrastrutture, e garanzie di vita, che reggono la propria esistenza. Senza essenzialità non potrebbe esserci ascolto e accoglienza.

Questo è possibile nella misura in cui smettiamo di preservarci per vivere. Consumarsi per amore e, dunque, testimoniare il dono sino alla fine è quando ogni cristiano è chiamato ad imparare dal Maestro e quindi a vivere.

La prospettiva inversa, piuttosto, è quella di chi tiene per arricchirsi e darsi valore in questa vita. L’avido che organizza tutto attorno ai propri guadagni e che, pertanto, non vedrà l’altro se non in funzione al proprio tornaconto. È il consumista che aderisce alla legge del “tutto e subito” e dell’ “usa e getta”, incapace di costruire legami perché questi hanno il prezzo del sacrificio di se stessi per dare spazio all’altro.

Gesù si compromette con i più fragili dando loro il valore della propria stessa vita, per questo sarà crocifisso e umiliato. Rompe l’immaginario di un Dio regale che non avrebbe dovuto chinarsi sui piccoli di questo mondo e proprio per questo è stato condannato.

La visione di Gesù, invece, è lo sguardo mistico che unisce il Cielo e la terra, l’onnipotenza con la misericordia, il respiro di comunione che nell’amore accorda tutte le cose.

Impariamo a custodire una visione integra dell’esistenza, dunque, facendo sintesi interiore della preziosità di ogni cosa: in ogni individuo risuona la bellezza dell’universo ed è così che è possibile rintracciare il volto di Cristo nei più deboli, nei meandri del nostro mondo.