Poesia grata, la vita
Oggi si torna a parlare di economia circolare per restituire verità all’agire umano chiamato a realizzarsi nella condivisione piuttosto che nel possesso.
Il modello culturale dominante, al contrario, vorrebbe mantenere il senso delle cose a partire dai criteri di convenienza utilitaristici e cioè legati al guadagno e all’accumulo. Una brama insaziabile sembra spingere l’umanità del nostro tempo verso un appagamento illusorio di felicità dove ciascuno crede vale se ha ed è soddisfatto se ha utilizzato il tempo per accrescere i guadagni.
L’economia circolare, diversamente, introduce l’elemento relazionale quale patrimonio inestimabile e la felicità altrui quale fonte di reciproco benessere. Questa visione muove dalla premessa che riconosce ciascuno dono per l’altro, perché nessuno si realizza nella solitudine intimistica.
Il linguaggio evangelico è denso di questa logica paradossale e la pagina delle beatitudini (Lc 6, 17-26) che meditiamo oggi offre uno sguardo sovversivo suggerendo di spostare il baricentro da sé all’Altro, dal proprio interesse al desiderio di bene per chi sta attorno.
La prima beatitudine, “Beati voi poveri”, pone le basi facendo riferimento a quanti sono dipendenti perché non hanno nulla da sé. Non valgono per il loro status sociale o per il portafoglio annuale che riescono ad esibire ma quello che sono e che hanno è frutto del dono gratuito di Dio. “Povero” in questo caso traduce colui che tutto riceve perché nulla possiede e, dunque, dipende da un altro per avere vita.
La società iperattiva in vista dei profitti li etichetterebbe come parassiti ma, in realtà, ci viene detto che sono felici perché custodiscono la gratitudine.
La visione è chiara: chi si centra nei possessi fa della propria vita un separarsi da Dio per affermare la propria utilità e senso di vita; chi, invece, umilmente riconosce che non è l’avere ad arricchire ma l’accogliere l’esistenza donata dal Cielo, allora, scopre la preziosità di ogni cosa. Nulla è scontato ed è perciò che scorge con senso di meraviglia l’essenziale di ogni giorno e, così, anche la fragilità sperimentata diventa l’occasione per affidarsi al donatore.
L’apertura al Cielo, dunque, non è mai fonte di intimismo ma di gratitudine e, quindi, apre al dono gratuito per l’altro capace di generare comunione e sanare le ferite della divisione.
“Perché di essi è il regno di Dio” prosegue la beatitudine come ad indicare che in chi vive d’essenziale si rivela la bellezza della Sua presenza e abbiamo tutti da imparare dai poveri perché loro sono vicinanza di Dio in terra.
L’Eucarestia è questa esperienza di essenzialità che non possediamo ma riceviamo per condividerla attraverso la nostra vita e ciò colma di responsabilità verso la beatitudine successiva: “Beati voi che siete affamati ora, perché sarete saziati”.
Partecipare dell’amore di Dio significa spendersi per saziare chi attende nutrimento, il Signore sfama concretamente già ora attraverso chi vie di Lui così come accadde quando chiese i sette pani dei discepoli, simbolo della loro incompletezza, per sfamare le folle che erano rimaste ad ascoltarlo.
La felicità sta nella promessa e non nella condizione di prova, quest’atteggiamento permette di vedere oltre le apparenze, sapendo che la mancanza di oggi prepara alla pienezza mantenendo desto il desiderio dell’incontro e, già, dando il sapore dell’amore pieno.
Proprio in questi giorni la canzone “Quando sarai piccola” presentata da Simone Cristicchi al Festival di Sanremo 2025 appare come una poesia grata frutto di questa fiducia che è già esperienza densa d’amore. È la lettera che l’autore scrive alla madre disabile, le parole che trasmettono il senso della relazione in cui non c’è semplicemente un restituire l’amore ricevuto ma lo scoprire la bellezza del dono frutto della gratitudine che moltiplica quanto custodiamo.
In ciascuno di noi è come se ci fosse una semina gratuita e quel che è seminato germoglia in modo fecondo se si rimane aperti alla luce e cioè se la vita non viene pianificata secondo lo schema di chi calcola con parsimonia la convenienza delle cose: o si è dono o si è altro.
Chiaramente tutto questo si dispiega nel tempo e l’attesa è la virtù dell’umile, di chi non ha la pretesa di dimostrare di essere il vincitore, di chi sa sostenere il viaggio della vita, di chi sa affrontare la persecuzione “per causa” Sua.
La forza delle beatitudini, dunque, sta nel sovvertire l’ordine costituito dai benpensanti di ogni tempo. La conclusione “Se amate quelli che vi amano, qual è la vostra grazia?” è lapidaria nel sintetizzare la prospettiva evangelica. Il buonsenso comune avrebbe tradotto con “qual è il vostro merito” ma il testo greco parla proprio di “grazia” che esprime l’opposto del “merito”.
L’amicizia evangelica non è frutto di un contraccambio, non si tratta di un patto di convenienza che magari procura danno a qualcun altro, è esperienza del dono gratuito del Padre che ci rende pienamente suoi donando la sua vita e non chiedendo il sacrificio della nostra. Il legame è frutto dell’amore donato e non dell’osservanza rispettata ed è perciò che la fede cristiana non è un’etica del bene ma un’esperienza dell’amore gratuito che Dio rivela a chi smette di trincerarsi nelle proprie rivendicazioni superbe.
Anche l’esortazione “Diventate misericordiosi come anche il Padre vostro è misericordioso” è da leggersi secondo questa prospettiva. La misericordia è movimento duplice di accoglienza dell’altro ed offerta di sé, senza spazio interiore che offre dimora, pensiero, risorse per l’altro non potrà esserci autentica donazione ma sarebbe mera beneficenza che ha poco a che fare con la compassione cristiana.
Quando la fede evangelica si limita alle buone prassi di prossimità perde la capacità sovversiva di generatività sociale.
Anche il sistema malavitoso coltiva prassi di sostegno e di protezione agli affiliati e i figli di questi considerano e rispettano chi procura loro il pane da mangiare. Questo patto di solidarietà, è evidente per tutti, trae proventi da chi lavora onestamente ed è costretto a pagare il pizzo o dai giovani che, colti in un momento di fragilità, vengono schiavizzati attraverso l’offerta della droga mostrata quale evasione da ogni possibile sofferenza. Il livello di perversione, a riguardo, arriva anche a disseminare i pusher nei pressi dei Servizi per le Dipendenze Patologiche per “donare” gratuitamente una dose a chi con grande fatica sta cercando di uscire dalla tossicodipendenza.
Senza bisogno di descrivere tutti gli altri espedienti messi in atto dalla criminalità organizzata per trarre profitto violando i diritti della collettività, osserviamo come tutta la società rimane sfregiata da chi cerca realizzazione di vita attraverso l’affermazione del potere, l’accumulo spropositato di ricchezze o la sottomissione del prossimo inteso come rivale. Lo stesso analogo risultato è frutto dell’azione della politica corrotta, dell’imprenditoria che non rispetta la filiera etica schiavizzando i dipendenti e ferendo l’ambiente, dei governi guerrafondai guidati dalla logica delle finanze, dei gruppi di potere che determinano le sorti di un popolo o di una persona pur di garantire l’interesse delle lobby…
La prossimità evangelica muove da ben altra visione che è data scoprire solo a chi si consegna fiducioso al Cielo. Uomini semplici come padre Pino Puglisi hanno saputo sostenere anche il martirio avendo chiara la causa per cui consumavano i loro giorni ma questo vale per tutti coloro che hanno cara la difesa del bene, il dono si dispiega nel quotidiano ed è la morte a rivelare la causa per la quale si è spesa un’intera vita.