L’avventura del Credere
Ieri ricordavamo il centenario della nascita di Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti, nato a Firenze il 27 maggio 1923 e passato alla storia come il caro maestro don Milani.
Un uomo che ha visto oltre le apparenze e non si accontentato di rassegnarsi ad un sistema che catalogava gli esseri umani disprezzandone il valore.
Il maestro di Barbiana, piuttosto, seppe trarre da un contesto contadino il volto della bellezza rivelando come a ciascuno è dato di esprimere in pienezza la propria unicità.
Con la Pedagogia dell’aderenza mostrò l’importanza di stare nella storia concreta abitando da protagonisti il proprio tempo contrapponendosi, così, ad ogni sorta di atteggiamento fatalista o, comunque, passivo di fronte alla realtà.
Una proposta che maturava a partire dalla sua storia personale comprendendo che il suo essere stato mandato a Barbiana, in quanto la sua voce era scomoda, diventava l’occasione per una riflessione ancora più profonda ed una risonanza ancora più grande.
Oggi la festività della Pentecoste offre un’ermeneutica che ci permette di approfondire, ulteriormente, le radici in cui affondava il pensiero e l’operato di don Milani.
Pentecoste per il cristiano rappresenta l’episodio antitetico a Babele dove tutti parlavano una sola lingua estinguendo l’unicità e l’unità nella diversità e, quindi, confondendosi fino a perdere l’identità. La torre che si innalzava verso il cielo era il simbolo dell’umanità autocentrata e chiusa nella sua pretesa di accedere all’onnipotenza.
Per Israele la festa di Pentecoste recuperava la festa agricola cananea al tempo del raccolto del grano la quale veniva riletta e storicizzata quale ricordo dell’Alleanza del Sinai e, quindi del dono della Torah. Per l’ebreo, infatti, i frutti erano conseguenza dell’osservanza della Torah.
Di fatto la Legge mostrava l’orizzonte da osservare ma non forniva gli strumenti, pertanto il popolo era come oppresso da una idealità irraggiungibile che, casomai, apriva ad un rigoroso perfezionismo.
Dopo l’evento della Resurrezione il giorno di Pentecoste accade una rigenerazione nello Spirito. I discepoli avevano compreso bene che non ci si può ergere verso Dio con la propria perfezione e, fatta esperienza della propria fragilità, stavano attendendo l’ulteriore rivelazione del Maestro.
Lui che si era già presentato mostrando i segni della crocifissione e, al contempo, il desiderio di rimanere con loro aveva promesso il dono dello Spirito Santo. Quel soffio, il giorno di Pentecoste, cambiò l’assetto della fede quale spazio di ascolto fiducioso per lasciare abitare Dio nella propria esistenza.
Ancora una volta non si tratta di un atteggiamento passivo ma di un cammino fiducioso, mossi dalla Sua presenza. A Pentecoste ascoltano una sola lingua e tutti la comprendono, si tratta della grammatica dell’amore che genera comunione e reciprocità.
Le differenze, secondo questa nuova esperienza, diventano ricchezza ed opportunità di crescita. Tutti comprendono come, ad esempio, accade nel teatro circense nel ParcoFattoria di Danisinni dove il linguaggio gestuale e le diverse pratiche arrivano a tutti, aldilà della cultura o dei limiti fisici, e tutti vengono coinvolti allo stesso modo superando ogni possibile ostacolo.
Quel giorno venne donato un soffio di vita, l’unico capace di trasformare il mondo e di condurlo alla piena comunione con il Cielo. E’ l’avventura aperta alla meraviglia propria del Credere.