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Palermo, Psicologia della Religione, Ricerca di Dio

La prossimità del Cielo

Il modo in cui abitiamo dà senso ai luoghi. L’ordine e la direzione che assume il mondo è frutto dell’impronta lasciata dalle persone perché ogni azione procura delle conseguenze e contribuisce alla bellezza, o meno, delle realtà toccate.

Sovente, secondo una moda sensazionalista, si suole riscontrare luminosità ed energia in alcuni ambienti piuttosto che in altri e alcuni parlano di vibrazioni o, ancora, di colori e questo ha senso se pensiamo che il bene ha una sua risonanza al pari del male che verrebbe ad infestare e rabbuiare un determinato contesto. Ma stare sul piano emotivo non aiuta a fare discernimento perché le apparenze cambiano e ciò che rivela il senso delle cose è dato dalla profondità e dall’ascolto interiore che ne abbiamo.

Anche l’ascolto potrebbe essere inficiato dal piano egoico e cioè dall’osservare secondo i propri pregiudizi o da modalità difensive di autocompiacimento. Molti, infatti, si sintonizzano solo con ciò che li compiace e li lascia comodi sulle loro posizioni esistenziali e anche la pratica meditativa, spesso, viene assunta per la propria pacificazione senza apportare cambiamento di direzione nella propria prospettiva di vita.

Il Vangelo di questa domenica (Mc 1, 29-39) continua ad inquietare mostrando come Gesù abita la sinagoga e la casa, rivelando che l’una è strettamente connessa all’altra.

La scena si svolge di sabato, giorno che per Israele ha la funzione di dare senso al tempo perché di sabato Dio si è riposato contemplando la meraviglia della creazione appena completata. Eppure nel giorno deputato a riconoscere la bellezza e quindi la profondità delle opere compiute, Gesù trova un tempo ingessato e un luogo dove la parola esprime mero dottrinarismo ma non scompone quanti la sentono.

Dapprima, entrato nella sinagoga, uno spirito impuro si ribella alla sua presenza mentre fino a poco prima giaceva ad ascoltare comodamente le tante parole del culto. Una religiosità priva di relazione con il Cielo non scompone perché continua ad essere idolatria dell’uomo che, attraverso i propri meriti e la perfezione raggiunta, vorrebbe comprare la benevolenza di Dio.

Dare un prezzo al Signore equivale a sentirsi più grandi di Lui ed è l’atteggiamento dei capi d’Israele i quali, nell’ascoltare Gesù, tramano l’inganno per condannarlo.

Mentre lo spirito impuro vorrebbe annunciare la verità su Gesù, Lui lo mette a tacere perché quel modo di farlo Re equivarrebbe a saltare la storia e in modo eclatante affermare l’onnipotenza di Dio mantenendolo distante!

Il valore dell’incarnazione, diversamente, sta nella prossimità del Signore che è venuto a visitare gli infermi per liberare dal male e dalla morte. È così che subito dopo essere uscito dalla sinagoga, entra nella casa di Pietro e si avvicina alla suocera bloccata dalla febbre. Ancora una volta viola il sabato, Lui che si muove per misericordia verso gli ultimi e si compromette, contaminandosi, con loro. La donna si metterà in piedi iniziando a servirli come a preannunciare che la vita nuova, da risorti, è da consumarsi nel dono per il prossimo. A differenza di chi conosce teoricamente il Signore, chi lo incontra viene sanato interiormente e, dunque, si muove a compassione.

In realtà il vero servo è Cristo ma chi vive di Lui impara a servire come il Maestro. La donna, attraverso il servizio, esprime l’accoglienza che riserva all’ospite e così manifesta lo spazio interiore necessario per custodire il dono di Dio.

Sulla soglia della porta si riunisce una nuova sinagoga di gente che desidera incontrare il Messia: viene inaugurato un tempo nuovo dove il Cielo abita il quotidiano e cioè la strada dei viandanti che si aprono all’ascolto. Gesù si prende cura di loro e dopo si ritira per consegnare tutto al Padre perché è della relazione con il Padre che vive.

Chi conosce Gesù non può che arrivare al Padre attraverso di Lui e, nella scena successiva, quando tutti stanno a cercarlo, Lui decide di andare oltre per annunciare il Vangelo ai lontani. Viene, così, svelata un’insidia spirituale e cioè la pretesa di imbrigliare il Signore secondo le proprie aspettative dipendenti: Lui si sottrae perché è al Padre che ciascuno deve consegnare la propria storia riconoscendosi figlio.

La relazione con Gesù, dunque, è necessaria per aprirsi alla vita divina ma è la consegna totale al Padre a costituire la tappa ulteriore della vita interiore di ogni cristiano. Senza questo passaggio il Vangelo sarebbe assunto come un testo religioso da imparare per una buona etica di vita e Gesù diventerebbe un eroe da imitare per eguagliarlo!

Non sono più le prescrizioni sabatiche a regolare il tempo del cristiano, – erano oltre millecinquecento lavori ad essere proibiti di sabato – la comprensione letterale dei testi, infatti, aveva seppellito la relazione con Dio. Ora è l’incontro con Lui a muovere l’esistenza secondo un criterio di misericordia e dunque di prossimità con gli ultimi della terra.

Essere sale e lievito in questo mondo è il nuovo precetto affidato alla Chiesa. Con l’umiltà di chi si mischia, mandati a restituire sapore alla storia dei nostri giorni.