La fedeltà è nel camminare insieme
Senza cammino non c’è relazione, i rapporti umani si costruiscono nel tempo e nella condivisione della storia che, per tutti, rimane intrisa di prove così come di successi, di fallimenti e di mete raggiunte. Il dispiegarsi dei giorni, dunque, non è lineare o calcolabile ma abbisogna di umiltà per meglio rispondere alle richieste del quotidiano che, di fatto, è l’occasione per discernere il bene da compiere e il male da rifiutare.
Nel corso del cammino, inoltre, emerge l’autenticità di chi si dichiara amico e viene rivelato il senso di cosa significhi condividere con l’altro. L’occasionalità a cui siamo spesso abituati, piuttosto, ha spogliato le relazioni di continuità trasformando i legami in ferite intermittenti capaci, solo, di procurare l’illusione della gioia.
La Settimana Santa, che inizia oggi, permette di approfondire la postura che fa dell’esistenza personale un itinerario di guarigione e di condivisione, un percorso volto al dono e non alla “conservazione” di sé. Il cammino che porta da Betania a Gerusalemme, infatti, appare come metafora della storia umana dove ciascuno quotidianamente sceglie da che parte stare e quali alleanze custodire per arrivare alla meta.
Proprio in questi giorni, in cui Palermo si prepara alle prossime elezioni comunali, ascoltiamo continue diatribe e cuciture di patti per favorire la vittoria dei propri candidati e, a volte, pare come una parodia l’alleanza ridotta all’interesse del momento. Lo stesso accade quando i Paesi che si dicono “amici”, rimangono in pace solo per interessi economici e se il rapporto di “buon vicinato” non è più conveniente arrivano perfino alla guerra!
Entrando a Gerusalemme Gesù dà compimento alla missione di rivelare il volto del Padre. Questo era il senso dell’incarnazione, farsi prossimo per lasciarsi riconoscere dall’umanità che su di Lui aveva proiettato ogni sorta di pregiudizio. Al contempo, insieme al volto di Dio, emerge anche il volto dell’uomo ma è necessario questo svelamento per arrivare all’incontro pasquale che, di fatto, non è fondato sul calcolo proprio della logica do ut des, ma sulla gratuità dell’amore.
Nella finzione, dunque, non può esserci Pasqua e nelle trame di rivendicazione la luce pasquale non riesce ad entrare, almeno, fino a quando l’individuo rimane centrato su se stesso. Gesù, allora, arriva al compimento di tutto per consegnare ad ogni essere umano l’occasione della rinascita e della guarigione da ogni male, in primo luogo, dall’inganno del credersi al pari di Dio.
L’ingresso in Gerusalemme è accompagnato da un’umile cavalcatura, un puledro d’asina, come ad indicare che senza umiltà non si può realizzare la pace e la riconciliazione tra i popoli. Il Re della pace non può avvalersi dell’agile corsa del cavallo e neanche della sua fiera altezzosità, piuttosto, simile atteggiamento rivendicherebbe la sottomissione dell’avversario ma senza generare autentica relazione di pace. Gesù che ordinariamente arrivava a Gerusalemme a piedi ora “ha bisogno” di un asino per attestare che desidera liberare da ogni sorta di schiavitù per creare un rapporto inedito fondato sulla vera amicizia.
Lo scenario che lo attende sarà quello del tradimento e del rinnegamento da parte dei discepoli, Giuda lo venderà al prezzo di uno schiavo tanto era il frainteso nei suoi confronti: pensava che il Maestro si sarebbe piegato alle sue richieste ma in realtà lui doveva essere discepolo per imparare il senso dell’amore e abbandonare la logica di potere.
Loro, infatti, saranno disposti a combattere anche con la spada ma non accetteranno di accogliere quel modo di affrontare il male continuando ad amare, Gesù sanerà l’orecchio del servo del sommo sacerdote reciso dalla spada di Pietro, mostrando che la Sua consegna per amore sarà l’unica via per cambiare la logica del mondo.
Le folle che fino a poco prima lo acclamavano ora fuggono e, molti di loro, si trasformeranno in carnefici chiedendo la sua condanna. La cornice che gli sta attorno, dunque, è quella dell’apparenza, perfino Erode e Pilato diventeranno amici, lo condanneranno pur non riscontrando alcun capo d’accusa nei confronti di Gesù, una trama volta a mantenere il consenso del popolo.
Tutti si fanno giudici avvalendosi della menzogna e alimentando il sistema illusorio proprio del potere anche se camuffato di giustizia. Ma l’imprevedibile risposta di Gesù crocifisso svela l’inganno: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno!”.
Nel momento della sofferenza estrema Lui non si chiude in se stesso, così come il dolore porterebbe a fare, ma si apre al Padre per supplicare l’amore per l’umanità tutta. È secondo questo modo di agire che si custodisce l’amicizia e si lotta per offrire l’occasione di Bene che, in realtà, non potrà mai avere un prezzo. Questo è il mistero da contemplare durante il corso di tutta questa settimana che troverà una Luce nuova al mattino di Pasqua.