La bellezza è tale se sporca di terra
L’arte può trasformare la realtà? Può cambiare la fatica del quotidiano? Può restituire dignità a chi guarda scoraggiato il fluire del tempo?
Sono interrogativi che attraversano il nostro rione, ferito dalla dimenticanza politica e istituzionale ma che, nonostante tutto, non si rassegna al vittimismo marginalizzante.
Siamo consapevoli, però, che l’arte non può cambiare il mondo e tantomeno salvarlo se rimane circoscritta ad un’azione estetica e momentanea. Essa, però, ha il potere di rievocare il germe della bellezza che è insito nell’animo di ciascuno, non l’emozionalismo legato alla suggestione che passa ma la risonanza del cuore buono, quella che non si lascia seppellire dagli accadimenti anche i più nefasti.
Proprio in questi giorni la nostra terra è stata nuovamente sfregiata dai numerosi incendi che hanno tolto la vita a numerose persone oltre ad avere ferito il Creato, le abitazioni, i luoghi di spiritualità e di cura come il convento di Santa Maria di Gesù.
Anche per questo la fiducia nell’arte è possibile se ci riappropriamo della nostra dimensione umana che esce dall’individualismo e dal pensare con visione miope alla cerchia dei propri amici e così condanna le nostre città ad un continuo stato emergenziale il quale, di fatto, è uno stato di omissione dove politici ed istituzioni si sottraggono al compito della gestione della cosa pubblica e il bene comune finisce con l’essere strumentalizzato a seconda dell’interesse di turno.
Il contributo di Danisinni Fiume di Vita a firma di Igor Scalisi Palminteri e del Collettivo d’artisti che lo collabora è un’opera rionale che ha visto lottare contro il fiume della non curanza di chi lasciava i sacchetti d’immondizia lungo la scala o gli ingombranti nell’aiuola, o l’indifferenza di chi abbandonava nella decadenza i prospetti e i gradini con animo rassegnato.
Un’opera, dunque, che ha coinvolto manutentori locali, i giovani della Cooperativa DARE nata all’interno della Comunità di Danisinni, le Ceramiste di quartiere che hanno avviato un laboratorio espressivo e di apprendimento delle manifatture in ceramica, gli abitanti in transito che hanno restituito apprezzamenti o suggerimenti, così come un bicchiere d’acqua impietositi per il lavoro realizzato sotto il sole cocente. La stessa calura che per altri è stata folle ispirazione per appiccare un nuovo focolaio!
La bellezza è questione interiore prima che estetica, è dell’animo che guarda oltre le apparenze e costituisce il tratto qualificativo della rigenerazione Danisinni. Muove dalla fiducia nel cambiamento e dal bisogno di fare la propria parte smettendola di parlare da spettatori affacciati al patibolo della vita.
Mettersi in gioco significa sostare nel quotidiano senza fughe aleatorie o illusioni di facili cambiamenti, reggere la fatica dell’incomprensione o dell’inerzia, l’apatia di chi ritiene che “tanto nulla cambierà”, significa nutrire la speranza nel Cielo perché senza sguardo rivolto in alto si rischia di rimanere schiacciati, travolti dalle prove della vita.
È anche per questa ragione che desideriamo dedicare a Paolo Ferruggia questa nuova opera segno, lui che ha creduto nella possibilità di un riscatto e che dopo una lunga detenzione e il successivo percorso rieducativo si ritrova nuovamente in galera per un’imputazione di diciotto anni fa che, a dire degli stessi inquirenti, era errata tanto che le stesse forze dell’ordine avevano deposto a favore della sua innocenza.
Paolo prima di consegnarsi, dopo la sentenza di Cassazione, ha condiviso il suo sfogo con queste parole: “la giustizia è uguale per tutti ma non tutti siamo uguali di fronte alla giustizia”. Poi ha aggiunto: “è giusto che vada anche se sono innocente”.
Lui, coordinatore degli operai della Cooperativa, aveva iniziato i lavori di pulizia della scala preparando l’opera che i suoi compagni, poi, hanno completato. Ora attende di poterla vedere quella scala, quello spazio di transito che vuole essere segno dell’apertura e della libertà propria di chi accoglie e si lascia attraversare dall’ospite di passaggio.
Una scala, dunque, che racconta di radici e di sogni, di esistenze dove nulla è scontato, dell’attesa di una nuova primavera che riguarda tutti e nessuno escluso.