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Argomenti

Educativa di strada, Mediazione ai fini della conciliazione, Psicologia e vita, Ricerca di Dio

L’ Amicizia spazza i venti di guerra

Quando pensiamo alle buone pratiche, spesso, facciamo riferimento ad un esempio che può essere emulato da altri, un processo imitativo che può diventare contagioso e moltiplicatore.

Recenti studi, approfondendo la funzione dei neuroni specchio che si attivano osservando in un’altra persona un’azione finalizzata, rivelano che la percezione è già capace di fare ripetere l’azione osservata anche senza una riflessione previa e ciò significa che l’attivazione mimetica è parecchio veloce.

Nell’esperienza religiosa, però, questo non è sufficiente e l’adesione al Vangelo traduce un agire ben differente dalla mera imitazione, il Maestro non è un modello da imitare!

Il cristianesimo, altrimenti, si tradurrebbe in un volontarismo ascetico, uno sforzo continuo per diventare migliori e, così, tendere alla perfezione. La fede, invece, è frutto di una conversione dove lo sguardo non è rivolto più a se stessi ma al volto del Padre rivelato da Gesù.

La conseguenza, dunque, non è l’attivismo sociale e cioè una buona pratica animata da uno spirito di solidarietà che si limita a rispettare i diritti e doveri del prossimo, non è solo il piano dei diritti ad essere difeso, questo lo può fare anche una fratellanza filantropica che manca della fede. Piuttosto è la relazione con il Cielo a muovere, per gratitudine e consapevolezza di chi si è di fronte a Dio, ogni azione e a permettere di discernere il bene da compiere. Non tutto il bene possibile è sempre necessario, anzi, un fare che non è nutrito dall’esperienza di Dio a volte scade in una colonizzazione della vita altrui, in un ergersi a salvatori del mondo finendo con il ricattare emotivamente chi lo ha ricevuto.

La gratuità cristiana nasce dall’esperienza di misericordia frutto dell’incontro con il Signore. È lo sguardo misericordioso del Padre a sanare le ferite più profonde dell’animo umano, Lui accoglie nonostante tutto e questa tenerezza è motivo di consolazione e liberazione dal male.

Quanto Gesù invita ad amare i nemici, di fatto, chiede di replicare l’esperienza che si custodisce nel cuore perché da Lui nessuno si è sentito trattare da nemico. Sarebbe impossibile, altrimenti, riuscire a ricambiare il male con il bene qualora si rimanesse su un mero rapporto orizzontale.

Tutti noi, infatti, tendiamo a misurare il diritto altrui in base al male che ha compiuto, e saremmo capaci di diventare spietati carnefici qualora ci sintonizzassimo con le brutture che alcuni sono riusciti a compiere. Il perdono non è questione semplice e abbisogna di entrare in un’esperienza di vita nuova che ha come orizzonte e criterio di misura il Cielo.

Porgere l’altra guancia, allora, diventa possibile perché si è guariti interiormente e non è più necessario cercare la propria autoaffermazione o rivendicare la propria dignità di fronte al peccatore. Si tratta di offrire la guancia che non è ferita e cioè rimanere aperti alla relazione mostrando il volto che non grida vendetta. Non è la colpevolizzazione a cambiare l’azione del violento ma lo scoprire che può esserci una risposta centrata sul Bene.

Il bene, infatti, destabilizza e quasi diventa intollerabile per chi è abituato al male, ma è proprio questo tradire le aspettative altrui ad aprire una strada inedita e capace di riorientare la risposta dell’avversario. Sappiamo come Gesù non ha mai nutrito inimicizia con nessuno e perfino Giuda è stato indicato come “amico”.

Lui aveva detto “non vi chiamo più servi ma amici” come ad indicare il Suo desiderio di comunione che lo avrebbe portato a condividere la Sua stessa vita.

L’amicizia tra il Cielo e la terra è quella che può sanare ogni contesa e anche oggi in cui respiriamo venti di guerra, si pensi alla corsa agli armamenti che in queste ore si sta consumando in Crimea, è necessario tornare a volgere lo sguardo al Cielo per trovare soluzione a conflitti ideologici.

In ultimo il Vangelo di oggi – con l’espressione “Se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale grazia vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto” – rivela come la ricompensa del discepolo è già nell’esperienza di amore che si vive, ed è dal perdono gratuito di Dio che scaturisce ogni movimento verso l’altro.

A pensarci bene, infatti, i più grandi conflitti hanno una ragione economica, è quella che tradisce i trattati di pace perché alla fine si rivelano accordi di convenienza a seconda dell’utile di turno. Ma nessuno può dare prezzo ad un essere umano ed è questo il vero diritto che ci viene ricordato dal Cielo.