Giustizia è ripartire dai piccoli
Era il giugno del 1992, poche settimane dopo la strage di Capaci, quando Paolo Borsellino si espresse con queste parole: “Io ho sempre accettato più che il rischio le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio. Lo accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli… E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione che, o financo, vorrei dire, dalla certezza, che tutto questo può costarci caro”.
Parole intense che esprimono tutto il carico di trepidazione con il quale il giudice Borsellino scelse di rimanere fedele al suo lavoro quotidiano senza sottrarsene per ragioni di “convenienza”.
Non si tratta di un eroe da porre su di un piedistallo come a marcare una certa distanza tra lui e noi ma di una persona che, pur con tutta la sua fragilità e limitatezza, ha scelto di non accomodarsi ma di fare la propria parte per il bene della comunità umana. È per questo che la sua testimonianza, insieme a quella di tanti altri, fin da subito è diventata feconda contribuendo alla crescita e alle scelte di molti di noi.
Proprio in quegli anni arriverà a Palermo il dott. Renato Cortese, prima nella Squadra Catturandi e successivamente nella qualità di Questore, lui che quattro anni dopo le stragi, il 20 maggio 1996 arresterà il killer Brusca e nell’aprile del 2006 Bernardo Provenzano, giusto per citarne alcuni.
Ieri, festa di san Francesco, la nostra Città ha riconosciuto la cittadinanza onoraria all’ex Questore a motivo del lungo e proficuo impegno nella lotta contro al criminalità organizzata e, dunque, perché ha contribuito a liberare la nostra terra dalla piaga dell’oppressione mafiosa ridando speranza ai tanti cittadini onesti.
Insieme alla Comunità di Danisinni siamo testimoni della sua costante azione a tutela dei cittadini e dei territori. Il contrasto alla criminalità organizzata, infatti, abbisogna di una continua promozione territoriale che esprima la prossimità dello Stato con azioni di prevenzione e promozione sociale, contrasto alla povertà educativa e culturale, e relazioni umane che veicolino visioni di bene comune. Non è possibile trasformare la causa della giustizia in apparenti proclami che, di fatto, non hanno alcuna ricaduta nei territori ma è necessario, ed è questo l’esempio del dott. Cortese, incontrare la base e ripartire dai più piccoli perché dal loro riscatto dipenderà la dignità di un’intera Città.
Ci ha commosso, dunque, partecipare a questo riconoscimento perché nella figura di Renato Cortese traspare la storia della nostra complessa Sicilia, le ferite di questi ultimi trent’anni e il riscatto e la trasformazione che si è riusciti a realizzare. A ciascuno di noi è dato, infatti, di non rimanere spettatore e di fare la propria parte affinché i doni che ci sono stati consegnati possano essere consumati per il bene comune.
Il dott. Renato cortese ha fatto la sua parte e, siamo certi, continuerà a compierla senza tirarsi indietro.