Fuori dal coro l’ascolto
Uscire dall’anonimato della folla per entrare nell’unicità di chi fa parte di un popolo in cammino è la grande sfida del nostro tempo. L’appartenenza non può essere simbiotica e i legami non possono spersonalizzare l’individuo, altrimenti la persona sarebbe ridotta ad un automa da padroneggiare passivamente.
Oggi, sia nell’ambito spirituale che in quello politico, in tanti cercano di assoggettare piuttosto che favorire l’espressione originale. Il pensiero unico che vorrebbe possedere anche la mente delle folle, è una forma estrema di potere disumanizzante ma viene proposto da alcuni politici o leader religiosi, così come dalle multinazionali o dai mafiosi, come ambizione per realizzarsi.
Questo processo viene favorito in modo particolare quando la sfera privata è consegnata al display di turno e gli algoritmi vengono deputati a condurre i gusti e le scelte più attrattive.
L’essere umano, però, non può essere codificato secondo uno schema che vorrebbe interpretare e prevedere il suo sentire così come si aspira con l’intelligenza artificiale, allo stesso modo non è possibile ridurre la sensibilità di una persona ad un processo chimico-biologico, ciascuno è molto di più.
Per conoscere una persona non è nemmeno sufficiente studiarne le qualità, i punti di forza e le debolezze, è necessario entrarci in relazione e, comunque, la conoscenza sarà sempre limitata alla propria esperienza perché ciascuno interagisce in un determinato modo, differente da un altro, per cui la conoscenza sarà solo parziale.
In modo inedito, inoltre, la società contemporanea cerca di sottomettere Dio alla moda del momento e, dunque, ridurlo a garante di quello che si ritiene giusto e valido per tutti. Una religiosità atea che proietta sul divino le proprie convinzioni ideologiche arrivando ad un delirio collettivo in cui il sacro è intriso di energia, poteri magici, bene e male interscambiabili come se fossero un unicum.
Il risultato è la frammentazione interiore dovuta al mancato appagamento per ciò che, illusoriamente, prometteva felicità e successo, potere e dominio di sé. Anche il “sempre nuovo” tipico dell’ “usa e getta” del mercato dei consumi, finisce col procurare vuoto esistenziale e smarrimento dell’anima.
Torna prorompente l’interrogativo biblico di Genesi 3,9 “Adamo dove sei?” che risuona in questa domenica. L’umanità ha bisogno di ascoltare il richiamo dal Cielo per ritrovare orizzonte di senso e leggere quanto sta accadendo.
Noi, infatti, siamo desiderio di infinito e privi della luce della Parola rischiamo di sciupare l’occasione della vita. La nudità di Adamo diventa un problema, per cui si nasconde, quando cerca di impadronirsi dell’eternità in modo furtivo, cioè quando la conoscenza di tutto lo illude di potersi sostituire a Dio.
Fino a quel momento il limite vissuto nella relazione ne esprimeva la libertà e l’ascolto gli permetteva di vivere armonicamente il rapporto con il creato. Quando l’individuo perde il rispetto del limite si rende incapace di cammino perché comincia a ruotare attorno a se stesso e l’ascolto viene fuorviato da proiezioni che falsano la lettura della realtà che lo circonda.
La stessa pagina del Vangelo (Mc 3, 20-35) di oggi approfondisce questa dinamica. Gesù denuncia l’ideologia religiosa sottraendosi alle aspettative dei benpensanti, tradisce il loro rigore per annunciare la relazione filiale con il Padre di cui Lui, ora, svela pienamente il volto.
Lui destabilizza il sistema omologante per custodire il dono della vita di tutti e, perciò, viene giudicato stolto. Tutto questo gli procura persecuzione e critica trovando l’avversione degli stessi discepoli. Lui entra in casa per liberare la folla e loro escono per “impadronirsi” di Gesù ossia per rimproverarlo ed incasellarlo nei loro parametri di comportamento.
Escono e dicono “è fuori di sé” ma in realtà vorrebbero imbrigliarlo, sono loro che non vogliono stare dentro un orizzonte nuovo che avvertono con timore.
Quanti rimangono centrati nella difesa del loro potere lo accusano di avere origine dal Male e, questo, è un inganno profondo perché vorrebbe immettere Gesù nel solco dell’ambiguità.
Il Maestro reagisce annunciando che non può esserci nessun compromesso nella relazione con il Padre, per cui a ciascuno è dato di essere libero perché il Figlio di Dio il quale è il forte che è venuto a legare e scacciare il Male che affligge il mondo. Lo stesso che aveva ingannato Eva facendole credere che l’ascolto di Dio era un inganno!
Quando i discepoli lo invitano a venire fuori perché la madre e i parenti lo attendono, Gesù replica ancora una volta affermando che il legame è frutto dell’ascolto.
Sappiamo come Maria pur non comprendendo il senso di quello che stava accadendo serbava tutte quelle cose nel suo cuore. Cioè non ha preteso di piegare la realtà al proprio compiacimento ma si è fidata e, proprio per questo, ha intessuto un legame materno ancora più profondo con il Figlio, fino a diventare la madre di tutti i credenti.
Entrare nell’ascolto rimarrà faticoso fino a quando si pretenderà di rimanere al centro di se stessi fondando la propria storia sulla ricerca di un mero compiacimento privo di spazio per la gratuità e il dono per l’altro. Solo nella relazione gratuita, nel perdono, nel consumarsi per il bene altrui perdendo qualcosa di sé ogni volta, sarà possibile gustare la pienezza dei propri giorni. Il cammino, a quel punto, diventerà ricerca di essenzialità per trovare il Tutto della propria vita.