Crack è la fine
I nostri territori, e non solo i quartieri più popolari della Città, hanno visto spegnersi tanti giovani, improvvisamente, lasciandoci tutti impotenti. E non è possibile destarsi dal sonno solo al momento del funerale, poi la moda delle lettere, dei palloncini, dei giochi pirotecnici, ma nulla potrà restituire una vita che c’è stata strappata e poi, magari tra chi piange, trovi anche chi spaccia!
Sentiamo sulla nostra pelle l’affermazione di Martin Luther King: “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”.
Domani anche la Comunità di Danisinni aderirà alla manifestazione organizzata da SoS Ballarò contro lo spaccio e l’uso di sostanze.
Sebbene il crack porti un nome apparentemente innocuo, dovuto al rumore che produce quando si riscalda prima di essere assunto inalando il fumo, in realtà è una sostanza ricavata dalla lavorazione della cocaina e ha effetti devastanti a livello neurologico modificando l’equilibrio psicofisico dell’organismo e, di conseguenza, procurando un’intensa dipendenza psichica.
Il consumatore, dunque, ben presto arriva ad assumerlo più volte al giorno subendo un assoggettamento totale che gli procura aumento delle pulsazioni cardiache, spasmi muscolari e convulsioni, fino ad esporlo al rischio di collasso respiratorio, ictus o infarto così come a deliri e allucinazioni nel caso di astinenza.
Molte delle escalation di aggressività che si riscontrano nelle nostre strade, oggi, sono dovute all’assunzione di crack che porta ad impulsività e passaggio all’agito privo di un pensiero riflessivo.
La sostanza agisce come un demone che strappa ogni interesse e senso di vita, i rapporti umani sono sviliti ed eventualmente strumentalizzati per un mero appagamento personale. E fino a quando i familiari rimangono ostaggio del consumatore rinunciando a chiedere aiuto, l’epilogo sarà fatale perché l’uso di crack porta necessariamente alla morte o perché l’organismo non regge più o perché l’individuo, fuori di sé, si procura un incidente o, in stato depressivo, arriva al suicidio.
Tutto questo per procurarsi quindici secondi di picco immediato, uno sballo euforico con senso di grandezza e fierezza per poi ritrovarsi, nell’arco di un quarto d’ora, in uno stato di paranoia e frustrazione, inquietudine e rabbia.
Pensare che solo nella città di Palermo quest’anno almeno sedici bambini, figli di genitori assuntori di droghe, sono stati ricoverati per overdose, è un dato allarmante. Quando entri nel vortice non hai più il senso di cura per l’altro e, anche se il piccolo gioca dove rimane incustodita una dose, l’attenzione è rivolta altrove.
Il Servizio per le dipendenze nella nostra città registra più di ottocento assuntori di crack ma questi sono solo quelli censiti, solo la punta di un iceberg ma la realtà è molto più grave, basti pensare ai numerosi morti per overdose o agli incidenti mortali mentre si era sotto l’effetto di stupefacenti.
Non è possibile arginare il fenomeno rimanendo su un piano emergenziale o delegando ai continui blitz delle forze dell’ordine la soluzione del problema. Abbiamo bisogno di intervenire su un piano preventivo e di promozione umana restituendo dignità e prospettiva di senso a chi si sta affacciando alla vita adulta.
Le nuove generazioni sono le più vulnerabili perché si continua ad offrire un modello culturale che favorisce la ricerca di appagamento compulsivo. La spinta ai consumi espone alle dipendenze perché si trasmette la convinzione che per essere bisogna avere e, ancora, si cerca di evitare ogni sorta di angoscia e frustrazione colmando il silenzio e il vuoto con beni da possedere o evasioni per sballarsi e non pensare.
Ma noi preferiamo pensare e se il pensiero diventa riflessione condivisa allora non si potrà più tacere e sarà tempo di agire. Palermo attende una nuova alba.