Accoglie chi si lascia trasformare
Leggere la storia a partire dagli ultimi è il cambiamento di visione di cui abbiamo bisogno. Senza questo contatto con la realtà rischieremmo di attraversare i giorni illudendoci di avere vissuto in pienezza ma, di fatto, rimanendo meri spettatori della vita.
Abbiamo bisogno di un nuovo centro di gravità permanente – come lo chiamerebbe Battiato – ed è la proposta che inizia con questa domenica delle Palme in cui la Parola rimanda al senso profondo del cammino di ciascuno mai sganciato dal contesto in cui vive e, dunque, capace di contribuire al bene di tutti. La liturgia introduce a questa nuova centralità spostata da se stessi a Dio, dall’individualismo alla prospettiva di comune. Si tratta di un centro relazionale in cui è possibile riscoprire la relazione con il Padre che dona la vita del Figlio affinché ciascuno possa avere accesso al Suo volto e , dunque, assumere il sapore del Cielo. L’evento pasquale, poi, rivelerà il dono totale dell’Amore che non cambia direzione a motivo della persecuzione o dell’offesa ricevuta perché il Padre non rinuncia al suo desiderio di salvezza per l’umanità intera.
La scena iniziale è data dall’ingresso trionfale in Gerusalemme mentre Gesù cavalca un’umile cavalcatura. La profezia di Zaccaria faceva riferimento ad un’asina e ad un puledro come ad indicare una duplice cavalcatura, l’una mite e l’altra più ribelle, riferita ai due popoli che seguivano Gesù in quell’acclamazione “Osanna” che si traduce con “Salvaci”: erano giudei e gentili che riconoscevano in Lui il salvatore. L’immagine è intesa e già rimanda a Salomone che sarà intronizzato cavalcando una mula e non il cavallo dei soldati per indicare che sarebbe stato un re di pace. Di fatto negli ultimi giorni a Gerusalemme sarà svelato come Gesù intende salvare il popolo e saranno disattese le aspettative del popolo e perfino dei suoi discepoli.
Ancora oggi molti parlano di riarmo per garantire la pace, altri di deportazione per garantire la giustizia, altri ancora riducono ad un raptus di follia l’efferato gesto di un omicida che spezza la vita di una donna che ha preteso di possedere. C’è una visione equivoca e una narrazione che fraintende il senso delle cose, il racconto della Settimana santa è bene differente.
Troviamo il re venduto per trenta sicli e cioè il prezzo di uno schiavo come ad intendere che Giuda, e in lui l’umanità tutta, pretendeva di possedere il Signore e farlo agire secondo le proprie aspettative. I discepoli fuggiranno impauriti dal dovere sostenere una battaglia senza le armi della violenza, delusi e amareggiati per quella resa incondizionata che gli aveva dettato il Maestro. I potenti, sinedrio e governo romano, crederanno di avere in mano la sorte di Gesù che considerano nemico nel mentre che Lui si consegnerà al Padre per compiere la sua missione e così liberare definitivamente l’umanità dal potere di questo mondo.
Il Salvatore resterà inchiodato sulla Croce pronunciando parole di perdono per la folla di ogni tempo nel desiderio di portare tutti nel suo Regno. Un malfattore comprenderà il gesto d’amore, insieme ad alcuni che rimarranno ai piedi della Croce, e ammettendo la propria fragilità chiederà di essere “ricordato” e cioè custodito nel cuore di Dio e lui troverà aperte le porte del Paradiso.
Una logica inedita è quella che si apre in questa settimana, è il consumarsi per amore che supera ogni calcolo e aspettativa di convenienza o meritocratica, è il dono gratuito e per sempre.
Insieme all’umile cavalcatura questa domenica offre il segno della palma associato alla fenice perché della palma si immaginava che i rami seccassero dopo il germoglio dei frutti come ad indicare che per generare vita bisogna morire e, plasticamente, la palma sembra seccare nel mentre le i nuovi rami nascono. Il suo innalzarsi verso il cielo, ancora, rimanda a questa tensione che è propria della vita che si rigenera, dunque rimanda a ciò che avverrà a Gerusalemme.
L’evento pasquale è un mistero in cui immergersi, rimanendo in ascolto di quanto il Cielo desidera rivelare: ascolta veramente chi non teme di lasciarsi trasformare dal dono ricevuto.