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La vera Pace

P”  come Pace. Pare che l’umanità di ogni luogo cerchi la pace, eppure tante energie e risorse ogni anno vengono investite per gli armamenti e le relative minacce di guerra. La brama di una terra o del potere per soggiogare un altro popolo, considerato avversario, sono i moventi principali per intraprendere una lotta intestina. Spesso assistiamo a continue controversie tra vicini o familiari per potere avere la meglio sull’altro.

Il senso della pace, dunque, sfugge ai più ed emerge come una ricerca eccitante dell’alterco, della contesa gratuita fondata, magari, su un “diritto di precedenza” non rispettato. Un gusto sadico emerge nell’essere umano che associa la propria identità con il possesso e il comandare quel che gli appartiene: è così che si rivelano datori di lavoro che trattano i dipendenti come fossero schiavi o, ancora, uomini che pretendono di sottomettere fino al silenzio la donna che dicono di amare!

La Scrittura attraverso il racconto della creazione ci mostra una sapienza che restituisce la visione della pace a chi si pone in ascolto: l’essere umano è tratto dalla terra e reso custode di essa, è un  rapporto affettivo e non di dominio e di sfruttamento. L’apostolo Paolo riferisce di come la terra attenda la compassione dell’uomo e fino a quando gli individui rimarranno legati al male del potere non potrà esserci pace perché prevarrà la sete di dominio e di rivalità.

In Israele, inoltre, era consuetudine ripartire le terre e liberare gli schiavi nell’anno giubilare, dunque la pace era legata alla giustizia e, di conseguenza, al rapporto con il Cielo.

Riconoscersi “tutti sotto lo stesso Cielo”, come sintetizza un detto popolare, equivale a restituire pari dignità a ciascuno, sanare i rapporti di inimicizia e ritrovare la libertà che spetta ad ogni persona.

Il Risorto dona la pace ai suoi e mostrando le ferite nel corpo glorioso rivela agli apostoli che l’Amore sana ogni male e perfino la morte. Loro guariti dall’incontro pasquale sono inviati a sciogliere l’umanità da ogni peccato e sarà questo il segno della pace portata da Cristo.

Il Maestro però aveva puntualizzato che il dono della sua pace non è come quella del mondo che generalmente si fonda sulla vittoria e, quindi, sulla sottomissione dell’avversario. Una pace, pertanto, ottenuta attraverso l’esercizio del potere come poteva essere la pax romana che, di fatto, era una tregua dovuta alla resa perché sconfitti o dominati dalla paura!

Gesù dona una pace differente perché frutto della relazione con Lui ed è così che si diventa vittoriosi malgrado i mali che circondano o gli apparenti insuccessi. La pace vera dipende dalla battaglia che si conduce e anche nell’inquietudine per una causa si può mantenere la pace interiore quale espressione della comunione che si custodisce.

Le ostilità e le inimicizie, allora, perdono la loro presa e cioè non riescono ad attecchire offuscando il desiderio di bene e la sua difesa, nonostante le avversità, in quanto una relazione ben più grande regge il cammino della propria esistenza.

La “P” di Pace, allora, è strettamente collegata alla “P” di Perdono: senza riconciliazione non c’è pace. E non si tratta di uno sforzo inteso come un impegno etico che porti all’atarassia, piuttosto è un permettere che la pietra venga rotolata via così come fu in quel mattino di Pasqua di oltre 2000 anni fa.

A fronte di questo evento di superficie c’è un’esperienza di profondità, non visibile, in cui Cristo è entrato nell’abisso della morte per portare la luce della vita piena.

Questo incontro fa la differenza perchè l’umanità che trascorre i propri giorni preparandosi alla morte, e dunque cercando di costruirsi garanzie con gli averi o un’immagine per avere buona fama e così garantirsi “il domani”, non troverà pace e avrà sempre una ragione valida per litigare. Chi invece è stato visitato nella propria esperienza mortifera, di fragilità e cadute, e avrà fatto esperienza del perdono gratuito, allora coglierà il cammino della vita come un continuo approfondimento dell’amore.

La pace, dunque, passando per il perdono porta all’esperienza del Padre. La Pasqua è possibile perchè Gesù si fida dell’amore del Padre ed è con questa consegna che affronta la crudeltà dell’uomo, non la respinge con la vendetta ma l’attraversa continuando ad amare. È così che il dono di sé può diventare guarigione per l’altro.

Fino a quando l’umano rimane condizionato dalla risposta altrui non troverà pace o, meglio, fino a quando non si aprirà al Cielo perché è vivendo da figli di Dio che si diventa capaci di accogliere e generare pace.

“P” come Pace, come Perdono ed immersione nella Pasqua, nell’amore che non chiede nulla in cambio. Come diceva don Tonino Bello: “Il nostro compito storico è di sapere stare insieme a tavola. Non basta mangiare: pace vuol dire mangiare con gli altri”.