Le Parole del Natale
Natale è nascita, accoglienza, fiducia, calore, gioia e commozione, tenerezza e stupore. Senza queste parole il Natale sarebbe privo di significato ma è necessaria una cornice di senso, mai scontata, perché a queste parole abbiamo ingiustamente associato tracotanza negli acquisti e nel mangiare, luccichii che anestetizzano la visione del mondo e, di conseguenza, legittimano l’indifferenza verso i più piccoli di ogni dove. Perché il Natale, secondo questa narrazione alterata, vorrebbe dire che la vita è bella se edulcorata dalla realtà, se ci si costruisce fino a divenire apparentemente perfetti ed affascinanti, superbi negli abiti e oltre che negli sguardi o, ancora, emotivamente rapiti dalle decorazioni che per il loro messaggio intrinseco dovrebbero indurci a farci credere che si è davvero più buoni.
Se il Natale è questione di sguardo lo è per vedere oltre le apparenze. Ciò significa avere una comprensione delle cose che parte dal dilatarsi del cuore, dal fare spazio dentro e dal cercare nutrimento in ciò che permette di amare e quindi di donarsi consumandosi quotidianamente per l’altro. È falso il Natale che dura un giorno o, ancora, quello che lascia eleganti e sazi delle proprie feste!
Il Natale, allora, non sta nel trasmettere un’idea del bello ma ci rivela l’esperienza di una concreta nascita umana che per il suo modo di accadere e divenire nel tempo ci mostra come camminare, come vivere del rapporto con il Cielo e quale prossimità Dio crea qui in terra. Senza questa vicinanza non potrebbe esserci Natale e la celebrazione diverrebbe una mera astrazione ideale.
Ecco che allora scopriamo parole nuove: l’incarnazione dice del chinarsi di Dio per annullare ogni distanza; il concepimento verginale viene ad esprimere il senso della gratuità di un dono che non abbisogna di nulla in cambio se non l’accoglienza; il nascere in una mangiatoia, ancora, rivela il senso della precarietà e della limitatezza che appartiene ad ogni essere umano e che, in quanto tale, viene abitata da Dio.
Parole nuove che rovesciano il senso delle cose e della storia perché non è più il potente Cesare Augusto “divino” imperatore a dirigere il corso degli eventi, così come si credeva, ma il Divino che si consegna in una mangiatoia per essere accolto. Quella diventa il nuovo trono di Davide, perché il Signore non abbisogna di regalità fatta da mani d’uomo ma di un cuore che si lasci abitare e che diriga le azioni secondo il sentire di Dio. Tempio santo diventa, allora, il corpo della persona che agisce nel quotidiano rimanendo in ascolto della Parola.
È secondo questo senso del Natale che oggi possiamo gioire nell’apprendere che l’Asilo nido Galante, ubicato nel cuore di Danisinni e rimasto chiuso dal 2007, presto tornerà ad avere vita e dopo essere stato ristrutturato potrà nuovamente accogliere i bambini del quartiere garantendo loro il diritto al futuro e a sognare una vita inedita. Non ci siamo limitati a constatare la dispersione scolastica ma, insieme al Centro Tau e alla Comunità Educante Territoriale, la Comunità di Danisinni è andata oltre le apparenze per contrastare la povertà educativa e, così, ripartire dai primissimi anni di vita che nei nostri territori così precari abbisognano di un Asilo per sostenere il percorso di crescita dei più piccoli. Non ci siamo rassegnati dopo avere ascoltato la decisione dell’abbattimento del plesso, Natale è resistere e condividere un cammino nuovo frutto dell’ascolto così come ebbe ad accadere alla famiglia di Nazaret.
La celebrazione del Natale, dunque, oggi non può compiersi del tutto perché sappiamo delle decine di migliaia di bambini siriani privati di ogni basilare cura e, ancora, dei tanti rifugiati provenienti dall’Afghanistan che attendono al gelo di potere essere accolti in Europa. Non ultimo il Mediterraneo che è diventato culla mortale per interi popoli rimasti in balìa dell’indifferenza.
Lasciare risuonare ed agire il Bene in noi non significa caricarsi di tutto. Lui si è incarnato perché da soli non siamo capaci di contrastare i tanti mali e le ingiustizie che attanagliano il nostro mondo ma, uniti al Cielo, possiamo essere noi il segno tangibile di una storia differente, di una narrazione di comunione che si esprime con le nostre scelte quotidiane. O è Natale ogni giorno o non è Natale mai.